mercredi 17 décembre 2014

L’AFFARE PAPPALARDO


L’AFFARE PAPPALARDO
“ SULLO STATO DEL MORALE E DEL BENESERE DEI CITTADINI “

LETTERA A TUTTI I GIORNALI GIORNALISTI ITALIANI
In data 1 aprile 2000 sul Corriere della Sera, Marco NESE ha parlato di un “documento considerato eversivo” quello scritto da ANTONIO PAPPALARDO, dal titolo: “SULLO STATO DEL MORALE E DEL BENESSERE DEI CITTADINI”. GARZANTI dà, dell'eversione, questa definizione: “Insieme d’atti violenti e criminosi volti a creare disordine e a sovvertire l’ordine costituito. Sinonimi: terrorismo sovversione, destabilizzazione, ”. PAPPALARDO sarebbe forse un “terrorista”?. Chi ha letto la famosa “relazione” potrete spiegarci la realtà. PAPPALARDO, colonnello dell’Arma dei Carabinieri e presidente del COCER, l’organismo che li rappresenta; ha dato le dimissioni dichiarando: “Lascio per amore dell’Arma…….con dolore e commozione” L’Arma, è stata definita, “Nei secoli fedele”, non so’ da chi. Io credo, sono convinto, che PAPPALARDO, ha cercato di difendere il nostro popolo e la Patria. Da molti anni, si è verificata una frattura, gli interessi di tutti i partiti e dei nostri governanti non più sono i nostri. PAPPALARDO è un personaggio, di un sicuro rilievo. Il titolo della sua relazione sembra essere più un saggio di filosofia, che un proclama rivoluzionario. I giornali italiani devono pubblicarlo, si parla dello stato del nostro morale e del benessere, è quindi un diritto del popolo di conoscere tale documento. PAPPALARDO ha probabilmente scritto il vero, in questo caso, non è un eversivo ma un coraggioso soldato, che cerca di servire la nostra Patria. I Carabinieri sono bene informati di quello che succede in Italia. Analizzare e proporre delle soluzioni, in un paese allo sfascio, è uno dei loro compiti, che piaccia no, agli uomini di potere ed alle altre istituzioni. Nel caso che PAPPALARDO abbia fatto un’analisi giusta, e proposto delle soluzioni logiche, in uno Stato veramente democratico, non si sarebbe trovato sott’inchiesta. Il colonnello è anche appassionato di musica e autore della “MISSA HUMILIS”. Normale quindi, che lui come del resto molti di noi, aspirasse a che in Italia si suoni più classico e meno “rap” o “tecno”. PAPPALARDO é nei guai perché, forse, ha scritto o a fatto capire che si dovrebbe cambiare spartito, direttore e musicisti? In Italia dobbiamo cambiare musica, quella che ci suonano non è corretta. Il colonnello pensa e scrive che sono necessarie profonde e concrete modifiche, la situazione in Italia è catastrofica, se non si nota saremmo tutti ciechi. Probabilmente la “relazione” era troppo chiara ed anche, forse, non molto umile; contrariamente al titolo della sua Messa. Ha parlato di benessere, forse anche di “sicurezza” è il suo mestiere. Lui deve conoscere bene come il popolo vive, nell’insicurezza. Aumento della criminalità, corruzione, droga, pizzo, violenza eccetera. Ogni giorno cittadini italiani o immigrati sono assassinati, è intollerabile. Non c’è più ordine, e se è questo che ha scritto PAPPALARDO, mi sembra che sarebbe dovuto essere promosso Capo dell’Arma dei Carabinieri. Le sue non sarebbero le “parole da megalomane”, come qualcuno le ha definite, ma quelle di coraggioso, ed in Italia ce ne sono pochi. Noi cittadini abbiamo il diritto di sapere la verità ed anche quello di chiedere le dimissioni di tutti coloro che, avendo la responsabilità della cosa pubblica, non si preoccupano, dei problemi reali del paese, e cercano di mettere in disparte chi cerca di farlo. Meglio dunque, un filosofo carabiniere, piuttosto che dei politici impreparati che hanno, e che stanno ancora conducendo il nostro paese alla rovina. E’ evidente che chi ci governa, non vuole cambiamenti, c’è sempre il rischio di perdere l’unica cosa, interessante per loro, la poltrona. L’idea che un militare deve solo obbedire è, evidentemente, superata. Gli avvenimenti dell’ultima guerra, lo hanno ampiamente dimostrano. I militari tedeschi, giapponesi, sovietici ed italiani, invece di obbedire, avrebbero dovuto pensare al benessere dei cittadini e della Patria, si sarebbero evitate lutti e distruzioni. I militari, in determinate circostanze, se è in gioco il destino della loro Patria devono dire NO al disordine ed alla corruzione! Guardiamo un gran soldato. CHARLES de GAULLE rifiutò coraggiosamente la disfatta e le decisioni di un governo che pur era democraticamente eletto. Fu condannato a morte, dai giudici di VICHY. Nella storia è l’uomo che ha salvato la Francia dal disonore e dalla sconfitta, un grande esempio per tutti. Di conseguenza i militari quando si accorgono che il governo conduce il paese alla rovina devono pensare ed agire nell’interesse ed in accordo con il popolo, c’è un precedente illustre. Chi ha, istituzionalmente, l’incarico di assicurare l’ordine e la legalità deve, quando è necessario, denunciare le cause reali della crisi, i veri responsabili, e poi deve agire per risolvere la crisi, possibilmente con mezzi legali. Quando però non ci sono altre soluzioni, i militari devono intervenire, come fece De GAULLE NO!. La nostra democrazia è malata, tutti noi lo sappiamo, occorre un intervento urgente e coraggioso per salvare il paese dall’imminente rovina. Il popolo è stanco e sfiduciato. Una grande parte degli italiani non vanno più alle urne, si sono resi conto che la democrazia in Italia non funziona. La democrazia è una messa in scena inutile e dispendiosa, una perdita di tempo per tutti. I partiti fanno finta di credere che il popolo li approva in quanto li elegge. Cari “signori del potere”, cari politici italiani, sappiate che ormai abbiamo aperto gli occhi, non siamo più disposti ad essere ingannati. Abbiamo capito, non avete né la volontà né le capacità di governare, e state distruggendo l’Italia. L’unica arma pacifica per noi, è quella di non andare più a votare. Rifiutiamo d’essere ancora vostri complici. Agiamo come De GAULLE, diciamo NO! a questa falsa democrazia. Poi non ci resterà che chiedere aiuto all’Arma dei Carabinieri e, naturalmente a PAPPALARDO.

Giancarlo GALLANI           PARIGI, 14 LUGLIO 2000                                                            PAG. 3/4

lundi 15 décembre 2014

INDRO MONTANELLI PARLA DI BADOGLIO

Nell’anno 2000 scrissi a Indro Montanelli che gentilmente pubblico la mia lettera e le sua, molto interessante, risposta.
A Indro ho inviato molte mie altre lettere che non hanno avuta la stesse fortuna, ma le pubblichero’ ugualmente, deciderete voi se avrebbero meritato una risposta.



NOTIZIARIO DEGLI ITALIANI IN FRANCIA
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Articoli diffusi da Agenzie e Siti Web

Mercoledì, 29 Novembre 2000
In ogni uomo non ce n'è mai uno solo
Caro Montanelli, Spero che vorrai tracciare un ritratto di Badoglio. Io ho solo ricordi di vecchie letture. Durante la rotta di Caporetto, comandava l'unica postazione di batterie che non spararono neppure un colpo di cannone, perché lui era andato a puttane. Nel rapporto sulla tragedia, le 200 pagine che parlavano di lui, sparirono. Poi, durante le guerre coloniali, si distinse ed ebbe da Mussolini la nomina a marchese e una bellissima villa ai Parioli. Infine fu scelto dal re come capo del governo tra il 25 luglio e l'8 settembre 1943. Sembra che ci furono più morti nelle piazze durante il mese in cui ebbe il potere, che durante i 20 anni di fascismo. Ordinò ai carabinieri anche di assassinare Ettore Muti e l'esecuzione venne camuffata da incidente. Infine scappò assieme al sovrano all'annuncio dell'armistizio anche perché aveva assicurato ai tedeschi che la guerra sarebbe continuata al loro fianco.Tu, che sei stato definito "badogliano", dovresti poterci dare una risposta chiara. Giancarlo Gallani, Parigi (Francia)


Caro Gallani,
Premessa. Io fui considerato e chiamato, dai miei compagni di prigionia a Gallarate, poi a San Vittore, "badogliano" perché avevo preteso di fare la Resistenza da ufficiale del Regio Esercito di cui indossavo la divisa. Non ho quindi per Badoglio motivi di gratitudine. E tuttavia trovo un po' incompleto il ritratto che tu fai di lui. Cominciamo con Caporetto. Badoglio comandava un Corpo d'Armata che faceva parte della II Armata, sotto il comando di Capello, quella che fu investita in pieno dall'offensiva austro-tedesca. Quando questa si scatenò, Badoglio non era "a donne" come dici tu, ma a rapporto dal suo comandante, il quale lo aveva convocato per ripetere a lui e agli altri Generali che, contrariamente a quanto credeva Cadorna (che godeva del suo totale disprezzo), l'offensiva nemica non ci sarebbe stata. E invece proprio in quel momento essa si scatenava prendendo alle spalle tutto il nostro schieramento, sicché né Badoglio né gli altri suoi colleghi poterono riprendere contatto con i loro già travolti reparti. Come tutti gli altri, Badoglio fu sottoposto a inchiesta, che si concluse con la sua promozione a vice Capo di Stato Maggiore agli ordini di un Capo come Diaz che del Capo non aveva certamente le stimmate. A fare il Piave fu Badoglio, e non aggiungo al suo serto Vittorio Veneto, perché Vittorio Veneto fu una resa, non una battaglia. Passarono gli anni. Venne il fascismo, che Badoglio accettò come lo avevano accettato il Re e tutti Capi militari. E venne l'Abissinia. Sulla quale posso rendere una testimonianza diretta. Due mesi e mezzo dopo l'inizio delle operazioni, noi truppa ci aspettavamo di essere ributtati in mare, talmente assurdo era lo schieramento impostoci dal Duce, il quale pretendeva dirigere le operazioni da Roma, dettandole a De Bono, troppo debole per trasgredirle. La situazione era talmente critica che si dovette sostituirlo con Badoglio che in tre o quattro settimane sistemò il fronte, anche a costo di alcuni passi indietro, che la stampa nemica enfatizzò come "ritirate" e mandarono in bestia il Dittatore. Insensibile alle sue rampogne, Badoglio aspettò che arrivassero le strade (in Abissinia non c'era neppure un viottolo), e con esse la sicurezza dei rifornimenti. Lasciò che le sparse bande etiopiche si coagulassero in due formazioni abbastanza organiche; in due battaglie (Tembien e Passo Uarieu), che hanno trovato posto in tutti i manuali di Storia militare coloniale, liquidò la partita. E da Addis Abeba indirizzò a un'Italia che guazzava nella retorica imperiale e scioglieva le sue campane per il ritorno dell'Impero sui Colli Fatali di Roma, questo telegramma: "Oggi, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba". Te lo confesso: che lo abbiano fatto Duca di quella città, non mi sconvolge. Avevano fatto Diaz Duca della Vittoria, D'Annunzio Principe di Montenevoso, Marconi Marchese di nonsocché. Badoglio si fece anche pagare bene l'impresa perché da bravo contadino piemontese, qual era, ai soldi ci teneva. Però non ne prese mai uno più di quelli pattuiti in precedenza. Per il resto del suo ritratto, cioè dal 25 luglio in poi, lascio la parola a te e posso anche sottoscriverla. Purché tu sottoscriva le mie sul Badoglio di prima. Perché in ogni uomo, specie se grosso, non ce n'é mai o quasi mai uno solo; ce ne sono due o tre, talvolta anche di più. Ricordati di Giulio Cesare: il più grande Generale, il più grande statista, e la più grande canaglia di tutti i tempi.



Indro Montanelli

vendredi 12 décembre 2014

Stendhal (ARRIGO BAYLE) LA CITTADINANZA MILANESE.


Gentile Sindaco di Milano


Giuliano Pisapia 

 

Ho il piacere di portare a sua conoscenza di una mia idea che, se sara’ realizzata, porterebbe a Milano una sicuro aprezzamento mondiale.

Migliorando certamente anche i rapporti tra l’Italia e la Francia.

Iniziativa che potrebbe essere presa dalla nostra città della quale lei è Sindaco.

Riconoscere a 

Stendhal (ARRIGO BAYLE) LA CITTADINANZA MILANESE.

Solechesorgi Solechesorgi Solechesorgi

http://solechesorgi.blogspot.fr/2014/11/progetto-fantastico-riconoscere-arrigo.html

PROGETTO FANTASTICO RICONOSCERE A ARRIGO BEYLE

STENDAL LA CITTADINANZA MILENESE CHE LUI STESSO SCELSE ED ESPOSE SULLA SUA TOMBA IN LINGUA ITALIANA.

« Con l'epitaffio (in italiano) voluto dallo stesso Stendhal: «Arrigo Beyle / Milanese / Scrisse / Amò / Visse / amm. L IX. M.IL/ Morì il XXIII Marzo MDCCCXLII »




« Contrariamente alle sue volontà, ebbe funerali religiosi, che si tennero il 24 marzo nella chiesa di Notre-Dame-de-l'Assomption. Poi, la sepoltura nel cimitero di Montmartre, con l'epitaffio (in italiano) voluto dallo stesso Stendhal: «Arrigo Beyle / Milanese / Scrisse / Amò / Visse / amm. L IX. M.IL/ Morì il XXIII Marzo MDCCCXLII». Nel 1892 fu aggiunto un medaglione con il profilo di Stendhal, opera di David d'Angers e il 21 marzo 1962 i suoi resti furono riesumati e sistemati in un diverso campo del cimitero di Montmartre, sul margine dell'avenue de la Croix. »


1     Stendhal Scrittore 
      « Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal, è stato uno scrittore         francese. Amante dell'arte e appassionato dell'Italia dove visse a      lungo.