lundi 15 décembre 2014

INDRO MONTANELLI PARLA DI BADOGLIO

Nell’anno 2000 scrissi a Indro Montanelli che gentilmente pubblico la mia lettera e le sua, molto interessante, risposta.
A Indro ho inviato molte mie altre lettere che non hanno avuta la stesse fortuna, ma le pubblichero’ ugualmente, deciderete voi se avrebbero meritato una risposta.



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Mercoledì, 29 Novembre 2000
In ogni uomo non ce n'è mai uno solo
Caro Montanelli, Spero che vorrai tracciare un ritratto di Badoglio. Io ho solo ricordi di vecchie letture. Durante la rotta di Caporetto, comandava l'unica postazione di batterie che non spararono neppure un colpo di cannone, perché lui era andato a puttane. Nel rapporto sulla tragedia, le 200 pagine che parlavano di lui, sparirono. Poi, durante le guerre coloniali, si distinse ed ebbe da Mussolini la nomina a marchese e una bellissima villa ai Parioli. Infine fu scelto dal re come capo del governo tra il 25 luglio e l'8 settembre 1943. Sembra che ci furono più morti nelle piazze durante il mese in cui ebbe il potere, che durante i 20 anni di fascismo. Ordinò ai carabinieri anche di assassinare Ettore Muti e l'esecuzione venne camuffata da incidente. Infine scappò assieme al sovrano all'annuncio dell'armistizio anche perché aveva assicurato ai tedeschi che la guerra sarebbe continuata al loro fianco.Tu, che sei stato definito "badogliano", dovresti poterci dare una risposta chiara. Giancarlo Gallani, Parigi (Francia)


Caro Gallani,
Premessa. Io fui considerato e chiamato, dai miei compagni di prigionia a Gallarate, poi a San Vittore, "badogliano" perché avevo preteso di fare la Resistenza da ufficiale del Regio Esercito di cui indossavo la divisa. Non ho quindi per Badoglio motivi di gratitudine. E tuttavia trovo un po' incompleto il ritratto che tu fai di lui. Cominciamo con Caporetto. Badoglio comandava un Corpo d'Armata che faceva parte della II Armata, sotto il comando di Capello, quella che fu investita in pieno dall'offensiva austro-tedesca. Quando questa si scatenò, Badoglio non era "a donne" come dici tu, ma a rapporto dal suo comandante, il quale lo aveva convocato per ripetere a lui e agli altri Generali che, contrariamente a quanto credeva Cadorna (che godeva del suo totale disprezzo), l'offensiva nemica non ci sarebbe stata. E invece proprio in quel momento essa si scatenava prendendo alle spalle tutto il nostro schieramento, sicché né Badoglio né gli altri suoi colleghi poterono riprendere contatto con i loro già travolti reparti. Come tutti gli altri, Badoglio fu sottoposto a inchiesta, che si concluse con la sua promozione a vice Capo di Stato Maggiore agli ordini di un Capo come Diaz che del Capo non aveva certamente le stimmate. A fare il Piave fu Badoglio, e non aggiungo al suo serto Vittorio Veneto, perché Vittorio Veneto fu una resa, non una battaglia. Passarono gli anni. Venne il fascismo, che Badoglio accettò come lo avevano accettato il Re e tutti Capi militari. E venne l'Abissinia. Sulla quale posso rendere una testimonianza diretta. Due mesi e mezzo dopo l'inizio delle operazioni, noi truppa ci aspettavamo di essere ributtati in mare, talmente assurdo era lo schieramento impostoci dal Duce, il quale pretendeva dirigere le operazioni da Roma, dettandole a De Bono, troppo debole per trasgredirle. La situazione era talmente critica che si dovette sostituirlo con Badoglio che in tre o quattro settimane sistemò il fronte, anche a costo di alcuni passi indietro, che la stampa nemica enfatizzò come "ritirate" e mandarono in bestia il Dittatore. Insensibile alle sue rampogne, Badoglio aspettò che arrivassero le strade (in Abissinia non c'era neppure un viottolo), e con esse la sicurezza dei rifornimenti. Lasciò che le sparse bande etiopiche si coagulassero in due formazioni abbastanza organiche; in due battaglie (Tembien e Passo Uarieu), che hanno trovato posto in tutti i manuali di Storia militare coloniale, liquidò la partita. E da Addis Abeba indirizzò a un'Italia che guazzava nella retorica imperiale e scioglieva le sue campane per il ritorno dell'Impero sui Colli Fatali di Roma, questo telegramma: "Oggi, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba". Te lo confesso: che lo abbiano fatto Duca di quella città, non mi sconvolge. Avevano fatto Diaz Duca della Vittoria, D'Annunzio Principe di Montenevoso, Marconi Marchese di nonsocché. Badoglio si fece anche pagare bene l'impresa perché da bravo contadino piemontese, qual era, ai soldi ci teneva. Però non ne prese mai uno più di quelli pattuiti in precedenza. Per il resto del suo ritratto, cioè dal 25 luglio in poi, lascio la parola a te e posso anche sottoscriverla. Purché tu sottoscriva le mie sul Badoglio di prima. Perché in ogni uomo, specie se grosso, non ce n'é mai o quasi mai uno solo; ce ne sono due o tre, talvolta anche di più. Ricordati di Giulio Cesare: il più grande Generale, il più grande statista, e la più grande canaglia di tutti i tempi.



Indro Montanelli

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